La biografia di
Shaquille O'Neal
Biografia aggiornata a fine stagione 2007/08
La storia di Shaquille Rashaun O’Neal prende vita il 6 marzo 1972 quando
a metterlo al mondo e’ una ragazza di Newark, New Jersey, in seguito ad
una relazione con Joe Toney. Toney, discreto giocatore di basket locale, non
mostra la minima inclinazione verso il nucleo famigliare e oltre a non riconoscere
Shaq come figlio (infatti prende il cognome della madre, O’Neal) abbandona
anche la fidanzata per seguire altre vie. Queste, non sicuramente le migliori,
lo porteranno ad una vita di stenti e lo getteranno nell’abisso della
droga e dell’alcool. Comunque la signora O’Neal non si dispero’
e trovo conforto nelle braccia di un giovane militare americano ovvero il sergente
Philip Harrison che fin dal primo momento tratto’ Shaquille come se fosse
suo figlio.
Harrison educo’ Shaq con disciplina militare ma ciò non pregiudicò
il rapporto fra i due che crebbe nel migliore dei modi. La signora O’Neal
e il figlioletto seguirono Philip attraverso la sua carriera spostandosi con
lui nelle varie basi dei Marines dislocate intorno al mondo. Shaq fin da piccolo
era molto piu’ alto e grosso dei suoi coetanei ma questo non l’aveva
mai portato a pensare di diventare un giocatore di basket, anzi il suo sogno
era quello di sfondare nel campo della musica. A volte, pero’, sono
gli incontri fortuiti a cambiare il corso della vita di una persona e anche
per O’Neal fu cosi’. All’eta’ di quattordici anni,
infatti, si trovava in Germania ed era gia’ entrato in contatto con
il pallone a spicchi ma i suoi movimenti, mancando di fondamentali, erano
lenti ed impacciati quindi decise di chiedere qualche consiglio a Dale Brown.
Quest’ultimo, allenatore di Louisiana State alla ricerca di talenti
da arruolare nel proprio college, lo invito’ a fare un provino al termine
del quale gli chiese da quanto tempo si trovava nell’esercito. Shaq,
stupito, rispose di non essere mai entrato a far parte delle forze armate
e di avere solo 14 anni. Brown, ancora piu’ stupito, resto a bocca aperta:
non solo aveva trovato il lungo della squadra, ma lo aveva trovato per caso
e senza compiere il minimo sforzo.
Harrison, anche per permettere
Shaq in versione College: LSU non ha mai avuto un centro cosi' potente.
la crescita del figlio come giocatore, decise di tornare negli Stati Uniti e
per la precisione a San Antonio dove Shaq si iscrisse immediatamente alla Cole
High School. Qui resto per due anni dove, una volta appresa la padronanza dei
propri movimenti e dei fondamentali, divenne una vera e propria forza della
natura dominando il campionato scolastico: nel corso di due stagioni la Cole
High riporto’ una sola sconfitta e vinse anche il titolo nazionale del
Texas. Gli Scout di tutte le università piu’ prestigiose del Paese,
come buona parte dei mass-media, lo avevano gia’ messo nel mirino ma O’Neal
tenne fede alla promessa fatta a Brown in Germania e firmo’ la propria
lettera d’intenti con Louisiana State University (LSU). Da sottolineare
l’incontro di Shaq “versione teenager” con il centro degli
Spurs, all’epoca in piena ascesa di carriera,
David
Robinson: O’Neal, trovandosi a San Antonio, ando’ a vedere una
partita degli Speroni e gli venne presentato l’Ammiraglio, ma quest’ultimo
non si mostro’ particolarmente incline a dare consigli e lo liquido’
in breve tempo. L’evento fece nascere nel giovane centro della Cole High
un sentimento di antipatia nei confronti di Robinson che, perdurando negli anni,
fu causa delle frecciate e critiche che O’Neal non risparmio’ mai
di lanciare nei confronti del centro degli Spurs.
Quando entro’ a far parte di LSU la squadra aveva gia’ un assetto
che prevedeva principalmente l’utilizzo di due giocatori: lo scorer
Chirs Jackson (che nel corso degli anni, abbracciando la religione Islamica,
cambio il nome in Abdul-Rauf ) e il centro Stanley Roberts. Coach Dale Brown,
cercando di innestare l’inserimento di Shaq senza stravolgere troppo
i propri schemi, mantenne come opzione offensiva principale Jackson e poi,
a seconda di chi si trovava in campo ed era libero, o Shaq o Roberts. Purtroppo,
forse per l’impossibilita’ di conciliare troppo talento in una
squadra sola, i due lungi non potevano coesistere perche’ occupavano
gli stessi spazi finendo con il “pestarsi i piedi” dunque quando
entrava uno doveva uscire l’altro e viceversa. Ovviamente O’Neal
e Roberts negli allenamenti cercavano di ottenere il posto di starter ma tante
volte i loro combattimenti sotto canestri si trasformavano in vere e proprie
risse che sfociavano in una scazzottata. Al termine della stagione O’Neal
chiuse con 13.9 punti (55.6% dal campo), 12 rimbalzi e 1.9 assists; Roberts,
stufo delle continue liti e dell’indecisione del coach, opto’
per firmare con il Real Madrid mentre Chirs Jackson si rese eleggibile per
il draft e passo’ nel mondo dei PRO.
Nel suo anno da Sophomore, quindi, Shaq si ritrovo’ praticamente ad essere
la prima opzione e l’unica stella di rilievo per LSU. Da protagonista
macino’ un campionato da leader assoluto terminando con 27.6 punti (63.8%
dal campo), 14.7 rimbalzi e 1.6 assists anche se la squadra a livelli di traguardi
non riusci’ ne’ ad accedere alla Final Four e tanto meno a vincere
il titolo NCAA. Comunque le franchigie NBA gia’ lo adoravano ed erano
sicure al 100% di vederlo inserire il proprio nome nel draft 1991. Owner e General
Manager, pero’, non avevano fatto i conti con il Sergente Harrison che
non diede il suo benestare al passaggio del figlio alla NBA e lo “invitò”
a continuare il College. L’anno da Junior, 1991-92, per Shaquille fu probabilmente
il piu’ frustante di sempre: le difese delle altre squadre conoscevano
il suo modo di giocare, i lunghi avversari si preoccupavano di lui al limite
del regolamento (tante volte andando anche oltre) e la difesa a zona limitava
il suo modo di giocare. Non a caso quindi le sue cifre registrarono un calo
(24.1 punti, 52.9% dal campo, 14 rimbalzi, 1.5 assists) ma la fatidica “goccia
che fa traboccare il vaso” arrivo’ durante una partita di playoffs
contro Tennessee quando O’Neal, che aveva guidato LSU ad un vantaggio
di oltre 20 punti, esplose e si scaravento contro’ Carlus Groves prendendolo
a pungi perche’ stufo delle sue mosse sporche. Terminata la stagione si
rese eleggibile per il Draft 1992.
O'Neal divenne immediatamente l'emblema e l'uomo franchigia dei giovani Orlando
Magic.
A livelli di premi individuali venne inserito
nel primo quintetto All-American per quanto riguarda si l’annata da Sophomore
(secondo anno) che quella da Junior (terzo anno). Da Sophomore fu anche riconosciuto
come il miglior giocatore di college da parte di Associated Press,
Upi e Sport Illustred. Quando concluse la sua carriera universitario risulto
il miglior stoppatore di tutti i tempi della SEC (conference dove milita LSU).
Per proseguire la biografia del centro piu’ dominante di tutti i tempi
dobbiamo fare’ un salto indietro di 4 anni rispetto al 1992 e andare nel
1988 quando la NBA diede il suo benestare alla creazioni di una nuova franchigia
in Florida nella citta’ di Orlando dove Walt Disney, anni prima, aveva
gia’ creato il suo parco divertimenti in grado di attrarre milioni di
turisti ogni anno. La squadra prese il nome di Magic e disputo’ il suo
primo campionato nel 1989-90 concludendo con 18 vittorie, nel 1990-91 passo’
a 31 ma nel 1991-92 scese a 21. Un numero cosi’ alto di sconfitte (61)
proietto’ Orlando ad essere una delle potenziali squadre a chiamare con
la prima scelta assoluta al Draft 1992 e nella notte della Lotteria, quando
vengono sorteggiate le palline per l’ordine delle chiamate, la fortuno’
bacio’ i giovani Magic che non nascosero a nessuno l’intenzione
di scegliere O’Neal. Pero’ su di loro incombeva la figura di Leonard
Armato agente di Shaq. Armato si era sempre occupato dei centri di grandissimo
talento (per fare due nomi di suoi assistiti:
Hakeem
Olajuwon e Kareem Abdul-Jabbar) dunque non trovo’ nessuna difficoltà
a convincere Shaq ad entrare fra i suoi clienti. Leonard aveva architettato
un piano per massimizzare i profitti di O’Neal (quindi anche i suoi) il
quale avrebbe dovuto andare ai Lakers dove, oltre ad affermarsi come giocatoredi
basket in una delle franchigie storicamente meta’ di grandissimi centri,
sarebbe stato in grado anche di incidere dischi e fare film. La dirigenza di
Orlando, ottenuta la pick e fatta la chiamata, aveva tutti i diritti sul ex-giocatore
di LSU e non vedeva la necessita’ di cederlo ai giallo-viola per accontentare
i piani di Armato che allora consiglio’ a Shaq di restare fermo tutto
il primo anno per costringere i Magic a cederlo. O’Neal credeva in Leonard,
dopo tutto lo aveva assunto lui come agente, ma non se la sentiva di iniziare
la carriera in questo modo e cosi’ firmo’ il contratto da 7 anni
offertogli da Orlando ma richiese l’inserimento di una clausola che gli
avrebbe permesso di uscire dopo 4.
Durante i primi quattro anni di vita della franchigia di Orlando il management,
fra gli altri giocatori acquistati o firmati, arrivo’ ad un accordo con
l’ex-LSU Stanley Roberts che, in memoria di quanto accadeva al college,
fu immediatamente ceduto per evitare il crearsi di tensioni nello spogliatoio.
Shaq doveva essere il fulcro della squadra e niente doveva distarlo dall’esprimere
tutto il suo potenziale. Nel 1992/93 grazie ad una media di 23.4 punti (59.2%
dal campo), 13.9 rimbalzi e 1.9 assits venne eletto Rookie dell’anno 1992.
Le vittorie passarono da 21 a 41 e i Magic fallirono l’accesso ai playoffs
per un soffio (sconfitta nell’ultima partita di campionato). Nel 1993/94
i numeri di Shaq lievitarono a quota 29.3 punti (55.4% dal campo), 13.2 rimbalzi
e 2.4 assists.
Penny Hardaway, rookie
chiamato al draft 1993, si dimostro’ la spalla ideale per O’Neal
e l’assetto della squadra inizio’ a girare tutto intorno al duo
Shaq-Penny. I Magic, per la prima volta nella storia della franchigia, approdarono
ai playoffs ma l’assenza di un’ala grande di peso fu fatale per
la corsa al titolo.
La dirigenza di Orlando aveva il presentimento di essere ad un passo dal tagliare
il traguardo finale e nell’estate del 1995 firmo’ lo scontento free-agent
di Chicago Horace Grant. Grant, ala grande titolare dei Bulls tre volte campioni
NBA 1991-93, si lamentava di essere poco considerato nella Citta’ del
Vento e fu davvero felice di entrare a far parte di un’organizzazione
giovane ma allo stesso tempo ambiziosa come quella di Orlando. Con l’addizione
di Grant (ottimo rimbalzista) e la maturazione di Hardaway i Magic scrissero
Orlando, dopo un paio di stagioni, arrivo' in Finale principalmente grazie
alla presenza dominante di Shaquille O'Neal.
una stagione da oltre 60 vittorie e Shaq termino’ con cifre quasi identiche
a quelle dell’anno prima. L’unica differenza arrivo’ nei playoffs
dove O’Neal passo’ da 20 a 25.7 punti ai quali aggiungeva 11.9 rimbalzi
e 3.3 assists. Orlando elimino’ facilmente Boston al primo turno, al secondo
turno lotto’ per 6 incontri con i Bulls di
Michael
Jordan (tornato da poco dal baseball) chiudendo 4-2 e poi, nelle finali
di conference, fece 4-3 contro i Pacers di
Reggie
Miller e Coach Larry Brown. I Magic a tre anni dall’arrivo dI Shaquille
erano gia’ in finale e dovevano vedersela contro i Rockets. Houston, campione
in carica, era guidata da Olajuwon, Drexler, Horry e Cassell ed aveva dalla
propria parte della bilancia molta piu’ esperienza in partite dove la
palla ad ogni possesso pesa come un macigno (l’anno precedente si laureo’
campione trionfando per 4-3 sui Knicks). I Texani dopo aver vinto una rocambolesca
Gara 1 (Orlando conduceva 20 all’intervallo ma si fece rimontare, sbaglio’
4 liberi decisivi per chiudere la partita, ando’ all’Over-Time e
fu sconfitta), trionfo’ anche in gara 2, 3 e 4 completando lo sweep (il
cappotto) e fu nuovamente Campione NBA.
I Magic, arrivati vicinissimi a vincere l’anello, promisero di riprovarci
l’anno successivo anche se nel 1995/96 Shaq fu costretto a saltare 28
partite a causa di una serie d’infortuni alla caviglia e al ginocchio.
La sua media punti scese a 26.6 (48.7% dal campo) mentre rimbalzi (11) e assists
(3) rimasero costanti. Venne chiamato a disputare l’All Star Game come
centro della Eastern Conference e mise a segno il record (ancora imbattuto)
di punti segnati per minuti disputati: concluse con 25 punti (10 rimbalzi e
2 stoppate) in 28 minuti di utilizzo. Nei playoffs viaggio’ a 25.8 di
media ma questo non fu a sufficienza per ripetere il cammino dell’anno
precedente. Chicago, infatti, aveva analizzato la sconfitta dell’anno
precedente arrivando alle conclusioni che l’eliminazione era stata principalmente
causa dell’assenza di un buon rimbalzista. Per ovviare a questo problema,
sotto diretta richiesta di Jordan e Jackson, la dirigenza acquisto’
Dennis
Rodman che risulto’ la loro chiave del successo per la stagione 1995/96.
Infatti la Citta’ del Vento, dopo aver chiuso la stagione con 72 vittorie
e 10 sconfitte, si presento’ ai playoffs in splendida forma e nessuno
fu un grado di fermarla: Orlando, in finale di conference, torno’ a casa
con i sogni di gloria infranti da un secco 4-0.
Arrivata l’estate del 1996 Shaq, su pressione di Leonard Armato, attivo’
la clausola presente nel suo contratto per diventare free-agent. La mente dei
Lakers di allora era Jerry West, considerato uno dei migliori GM di sempre,
che si mise immediatamente in contatto con O’Neal per cercare di convincerlo
a cambiare squadra. Dieci anni fa non erano presenti regole ferree sul Salary
Cap e sulla Luxury Tax ed il mercato si apri’ con un “colpo basso”
per i Magic perche’ Alonzo Mourning, scelto dagli Hornets proprio dietro
a O’Neal al draft del 1992, firmo’ un’estensione del suo contratto
da 7 anni a 112 milioni di dollari. La dirigenza di Orlando, infatti, aveva
gia’ messo in cantiere l’idea di un contratto triennale da 50 milioni
di dollari ma ora Shaq, dopo quanto accaduto a Zo, non l’avrebbe nemmeno
preso in considerazione. L’Owner della franchigia, indeciso sulla situazione
da prendere, decise di mettersi nelle mani dei tifosi e cosi’ sull’Orlando
Sentinel usci’ un pool che domandava ai lettori/tifosi se il Diesel, a
loro avviso, avrebbe dovuto ricevere un contratto da piu’ di 100 milioni
di dollari e il verdetto fu un secco “no”. Shaq, che da parte sua
conferma sempre di aver considerato la squadra della Florida come
Sopra potete vedere una foto del 1997 dove O'Neal va a stoppare un tiro di
MJ. I Lakers per arrivare la primo titolo dovranno attendere ancora quattro
stagioni.
la prima opzione, prese la “palla al balzo” e la uso’ per
lasciare la citta’ dove aveva esordito senza il rischio di ricevere l’etichetta
di “traditore” (dopo tutto se il pubblico non lo voleva non aveva
tutti i torti per decidere di andarsene)… Intanto Jerry West aveva gia’
preparato un ingaggio da 7 anni a 121 milioni di dollari su cui Shaq, il giorno
prima dell’apertura dell’Olimpiade di Atlante, mise la propria firma
entrando a far parte a tutti gli effetti dei Los Angeles Lakers. I Magic, secondo
alcune voci, quando si accorsero che O’Neal sarebbe davvero andato via,
arrivarono ad offrire poco meno dei 121 milioni di dollari ma la Citta’
degli Angeli, con i suoi studi di registrazioni (nel frattempo aveva gia’
inciso qualche disco) e cinematografici, era molto piu’ “interessante”
rispetto ad Orlando. Il piano di Armato (licenziato qualche anno dopo) ando’
a segno e Shaq entrava a far parte di una delle organizzazioni piu’ “anziane”
e vincenti di sempre. Durante l’olimpiade disputo’ otto partite,
3 volte titolare, chiuse con 9.3 punti (62% dal campo), 5.3 rimbalzi, 1 stoppate
e 0.88 palle rubate. Il Dream Team concluse con 0 sconfitte e la medaglia d’oro.
Nella serata del draft del 1996 Jerry West, sicuro del cambio di bandiera di
Shaq, mise a segno un colpo molto importante per il futuro della franchigia:
scambio’
Vlade Divac, il centro
titolare diventato “superfluo”, con gli Hornets e al suo posto prese
un giovane cresciuto in Italia e proveniente da una High School di Philadelphia
ovvero
Kobe Bryant. Il prodotto di Lower Marion era ancora
giovane ed inesperto, non a caso per i primi anni parti’ della panchina,
mentre il resto della squadra non era nemmeno lontanamente paragonabile ai Magic
delle annate 1995-1996 e, nonostante Shaq continuasse a confermarsi come il
centro del futuro, i progressi (a livello team) continuavano a non concretizzarsi.
Nei campionati 1996-97 e 1997-98 furono i Jazz a sbarrare la strada ai Lakers
rispettivamente nelle semi-finali e finali di conference. Particolarmente secca
fu l’eliminazione del 1998 quando il duo
Stockton-
Malone
strappo’ il biglietto per le Finals (dove furono poi sconfitti dai Bulls
di Jordan) dando a Shaq e compagni una lezione di basket indimenticabile ovvero
un secco cappotto (4-0). Il Diesel, soprannome che gli venne dato in quanto
nei primi quarti risultava piu’ freddo mentre negli ultimi due era molto
piu’ attivo, chiese la testa di
Van
Exel perche’ considerato elemento di disturbo e disgregante di spogliatoio.
La richiesta fu accolta ma nemmeno nel 1998-99, la stagione del lock-out, i
numeri di O’Neal (26.3 punti, 10.7 rimbalzi, 2.3 assists) riuscirono ad
essere determinati nella post-season. Sbarazzatosi dei Rockets al primo turno
(3-1) i giallo viola, nelle semi-finali della Western Conference, incrociarono
la via degli Spurs (guidati dal duo Robinson-
Duncan)
che spedirono a casa i Lakers con un secco 4-0.
L’estate del 1999 fu fondamentale per la dirigenza della Citta’
degli Angeli che, oltre a rinforzare ili quintetto con nuovi acquisti, arrivarono
ad un accordo con Phil Jackson che accetto’ l’incarico di capo allenatore
dei Lakers. Tutti ipezzi del puzzle andarono al loro posto: Bryant si affermo’
come titolare, gli schemi di Jackson erano ideali per valorizzare il Diesel
e i compagni di squadra (panchina inclusa) erano finalmente all’altezza
dell’assalto al titolo. Shaq durante la stagione regolare fu a dir poco
dominante concludendo con 29.7 punti (il 57.4% dal campo), 13.6 riimbalzi e
3.6 assists. I centri degli anni 80/90. erano per buona parte in declino e nessuna
squadra riusci’ a limitare il suo strapotere: a meta’ stagione venne
eletto CO-MVP (insieme a Duncan) del All Star Game, a fine anno risulto l’MVP
e il vincitore del premio IBM (premio assegnato in base a delle cifre indicanti
il supporto dato da un singolo giocatore alla propria squadra affinché
questa riesca a trionfare). Fu il primo giocatore di sempre a ricevere queste
A Los Angeles, durante la finali, il suo potenziale diventava ancora piu vasto
e nessuna difesa era in grado di tenerlo a bada.
tre onorificenze in una singola annata. Da ricordare anche il suo massimo punti
stagionali (con il tempo diventato anche massimo in carriera) di 61 messi a
segno contro i Clippers. A questa straordinaria prestazione offensiva aggiunse
23 rimbalzi diventando cosi’ l’unico giocatore dal 1969 (Wilt Chamberlain)
a chiudere un incontro con piu’ di 60 punti e 20 rimbalzi. Nei playoffs,
30.7 punti,15.4 rimbalzi e 3.1 rimbalzi, guido’ la sua squadra al trionfo
sui Kings (3-2), Phoenix (4-1) ed infine,dopo una lotta durata 7 partite, arrivo’
anche la vittoria sui Blazers e l’accesso alle NBA Finals. Shaq, dopo
la brutta avventura del 1995, torno’ sul palcoscenico piu’ prestigioso
della stagione desideroso di riscattarsi dagli anni di continue sconfitte. Ad
attenderlo c’erano i Pacers di Reggie Miller guidati da Larry Bird in
panchina ma la franchigia di Indianapolis non trovo’ mai una soluzione
al rebus O’Neal. Le sue cifre salirono vertiginosamente: in sei incontri
termino’ con una media di 38 punti (61.1% dal campo), 16.7 rimbalzi, 2.67
stoppate e 2.3 assists. Alla fine di Gara 6 Shaq festeggio’ il primo anello
vinto come campione NBA ma anche il primo Trofeo di MVP delle Finali. Da sottolineare
come fu proprio in questo periodo che le squadre avversarei, come fecero i Pacers
in finale, iniziarono ad usare pesantemente l’hack-a-shaq ovvero il fallo
sistematico nei suoi confronti per mandarlo in lunetta. Il tiro libero, infatti,
sembrava essere l’unico suo punto debole perche’ in tutte le altre
specialita’ era devastante quanto immarcabile.
Il 2000-01 vide Shaq confermarsi come miglior centro della NBA con 28.7 punti,
12.7 rimbalzi e 3.7 assists. La squadra non subi’ grosse variazioni da
quelle campione l’anno successivo ma nel corso della stagione iniziarono
le prime “turbolenze” con Kobe. Bryant, infatti, inizio’ a
lamentarsi pubblicamente del fatto che voleva degli schemi appositamente disegnati
per lui ed era stufo di essere considerato solo come un secondo violino. I Lakers
continuavano a vincere ma la crisi fra i due, soprattutto in vista dei playoffs,
doveva essere risanata. A mettere una falla, almeno temporanea, fu Jerry West
e i giallo-viola nella corsa alle finali “sbriciolarono” ogni avversario:
prima Portland (3-0), poi fu la volta di Sacramento (4-0) ed infine gli Spurs
(altro 4-0). La Finale fu Davide Vs Golia: dove Davide erano i Philadelphia
76ers guidati da
Iverson e Golia erano
i L.A. Lakers di Shaq e Kobe. The Answer e compagni, davanti a tutto il mondo
che si attendeva l’ennesimo 4-0 da parte della Citta’ degli Angeli,
vinsero Gara 1 allo Staples Center ma poi non furono grado di andare oltre e
la serie si chiuse: 4-1. Il Diesel torno’ a festeggiare l’anello
di campione NBA e il titolo di MVP delle finali assegnatogli grazie alle sue
cifre nuovamente “stratosferiche”: in cinque partite viaggio ad
una media di 33 punti, 57.3% dal campo, 15.8 rimbalzi, 4.8 assists e 3.4 stoppate.
La stagione seguente, 2001-02, torno’ a disputare meno di 70 partite a
causa di svariati infortuni legati alle caviglie e al pollice del piede. Nei
67 match disputati, pero’, non ci fu nessun in grado di fermarlo e Shaq
replico’ cifre da capogiro: 27.2 punti (57.9% dal campo), 10.7 rimbalzi
e 3 assists. Durante il corso dell’annata, come gia’ accaduto nel
campionato precedente, ci furono nuovamente “turbolenze” con Byrant
che continuava a lamentarsi del suo status di “spalla” e sul terreno
di gioco, per ripicca verso il duo Shaq-Jackson, passava dalle giornate in cui
appena ricevuto palla la tirava ad altre in cui faceva lo “sciopero del
tiro” e anche da liberissimo passava la sfera ai compagni. Con Jerry West
partito per altre sfide (divenne GM dei Grizzlies, carica che mantiene tuttora)
questa volta tocco’ fare da paciere a Phil Jackson. Nella post-season,
nuovamente tamponata la crisi, i Lakers dominarono senza problemi contro Portland
(primo turno, 3-0) e San Antonio (secondo turno, 4-1). Nelle finali di Conference,
pero’, i Kings, nella scorsa edizione eliminati con un secco 4-0, potevano
contare sull’addizione di
Mike Bibby
e sulla maturazione di un gruppo fra i migliori nella storia della franchigia
(Divac,
Webber,
Stojakovic,
Christie, Bibby). Sacramento lotto’ duramente per 7 partite (riuscendo
anche a portasi in vantaggio nella serie) ma dopo un’infuocata Gara 7
2002: Shaq festeggia il Three-Peat (3 titoli vinti di fila) ed il terzo trofeo
da MVP.
(fu necessario un supplementare ed il punteggio finale termino’ con uno
scarto di soli 2 punti) furono ancora una volta i Lakers a spuntarla e ad accedere
in finale. Ad attendere L.A. c’erano i giovani, ma soprattutto privi di
centri di peso, New Jersey Nets. O’Neal, per la terza volta consecutiva,
mostro’ tutta la sua potenza sul palcoscenico piu’ prestigioso delle
Finals terminando con 36.3 punti, 59.5% dal campo, 12.3 rimbalzi, 3.8 assists
e 2.75 stoppate. La squadra dello Stato Giardino fu spazzata via in 4 incontri
e Shaq si unì a MJ come unico giocatore nella storia della NBA a vincere
3 MVP delle Finali consecutivamente. Stabili’ anche diversi record attualmente
imbattuti: il massimo numero di punti (145), il massimo numero di liberi realizzati
(45) e tentati (68) fatti registrare da un singolo giocatore nell’arco
di 4 partite di finali.
Pochi giorni prima del via della stagione 2002-2003, Shaq decise di farsi
operare al mignolo saltando cosi' tutto il training camp ed il primo mese
di stagione regolare. Bryant, fresco del terzo titolo ma ancora una volta
vinto “all’ombra” del Diesel, accuso’ O’Neal
di ingrassare troppo durante i mesi estivi e di essersi fatto operare apposta
a fine Settembre per prolungare le proprie vacanze. Ancora una volta fu necessario
l’intervento della dirigenza e di Phil Jackson per riappacificare la
situazione. Il centro piu’ dominante di tutti i tempi, frasi tatuata
sul suo braccio, chiuse la stagione con 27.5 punti, 11.1 rimbalzi e 3.1 assists
a partita. Durante la post-season continuo' a viaggiare sui 27 punti incrementando
i rimbalzi (14.8) e gli assists (quasi 4 di media) ma i Lakers dovettero fare
i conti con la totale mancanza di un rinnovo della panchina (gli elementi
in grado di garantire piu' di qualche minuto ad alto livello erano davvero
pochissimi). Robert Horry, eroe del trionfo contro i Kings l’anno prima,
non entro' mai in partita nella serie contro gli Spurs (0/18 da tre in sei
partite) e l'infortunio di Fox aggravo' maggiormente la situazione. I Lakers
furono eliminati dai Texani nelle semi-finali di conference per 4-2.
Shaq durante tutta l'estate del 2003 fece pressione affinche' venisse prolungato
il suo contratto, in scadenza dopo 2 anni, ma la dirigenza non lo accontento'
perche' prima voleva vedere i risultati della stagione 03-04. Dal mercato dei
free-agent arrivarono
Gary Payton
e Karl Malone entrambi decisi ad unirsi al Shaq&Kobe Show per cercare di
vincere il titolo Nba. La mancata estensione del Diesel, il suo rendimento piu’
basso del solito (21.5 punti, 11.5 rimbalzi, 2.9 assists), la coesistenza di
4 futuri Hall of Famer nella stessa squadra e il duo Bryant-Jackson n scadenza
a fine anno furono argomenti che fecero discutere molto sui giornali di Los
Angeles su quale fosse il futuro di una delle franchigie NBA piu' famose del
mondo. Nonostante il costante via vai di voci (Payton che si lamentava per l'attacco
triangolo; Malone per la prima volta in lista infortunati; Kobe e Shaq, come
al solito, avevano qualche motivo per litigare) i Lakers si presentarono ai
Playoffs come i campioni della Pacific Division e in forma al 100%. Nel primo
turno si sbarazzarono senza tanti problemi dei giovani Houston Rockets (guidati
dal duo Francis-
Yao) quindi arrivo' nuovamente
il secondo turno contro gli Spurs di Duncan e
Ginobili.
I Texani partirono bene (2-0) ma Phil Jackson riusci' a creare degli accorgimenti
tattici che misero in crisi l'attacco di San Antonio (in particolare
Tony
Parker) e cosi' il Diesel e Malone riuscirono a raddrizzare la serie: con
4 vittorie consecutive passarono alle Finali di Conference. Ad attenderli erano
presenti i giovani Wolves del trio
Garnett-Cassell-
Sprewell.
Purtroppo Minnesota non dovette fare i conti solo con la poca esperienza a livello
di playoffs ma anche con gli infortuni: entrambi i playmaker (Hudson e Cassell)
scesero in campo con parecchi problemi fisici e non riuscirono a fermare la
potenza di 0'Neal & co che ottennero il quarto biglietto, in cinque anni,
per le Nba Finals. Proprio sul palcoscenico piu’ importante dell’anno,
ironia della sorte, i Lakers caddero in disgrazia: Malone, per fermare Garnett,
nelle Finali di Conference si infortuno al ginoccho’ e scese in campo
al 20% della propria forma fisica; Bryant (eccezione fatta per Gara 2) e Payton
non riuscirono mai ad entrare in partite perche’ l’asfissiante difesa
dei Pistons (rispettivamente di
Prince
e
Billups) non lasciava loro spazi
liberi; Shaquille O’Neal da parte sua disputo’ delle ottime partite,
fra cui una memorabile Gara 4 (36 punti e 20 rimbalzi) ma ovviamente da solo
non riusci’ a portare L.A. alla vittoria ed arrivo’ la sconfitta
per 4-1. La stagione fini’ con il ritiro di Phil Jackson ed i rapporti
fra Kobe e Shaq completamente distrutti. Proprio per questo motivo il Diesel,
poche ore dopo la conclusione di Gara 5, chiese di essere ceduto.
La Citta’ degli Angeli, ancor
Shaq arriva a Miami: tutta la citta' e' in delirio per l'arrivo di uno dei
piu' grandi di sempre.
prima di cercare una squadra dove sistemare O’Neal, inizio’ a sondare
il mercato dei coach per assumere un nuovo allenatore e fra i vari colloqui
fatti ci fu anche quello con il Gm dei Miami Heat Pat Riley. Pat, headcoach
dei Lakers ai tempi dello Show-Time di
Magic
Johnson, secondo alcune voci mai confermate ufficialmente, sarebbe stato
pronto a sedersi sulla sua “vecchia” panchina giallo-viola solo
se la dirigenza era disposta a trattenere Shaq e Kobe. La sua richiesta non
fu accolta dunque Riley passo’ al “piano b” e mise a segno
una delle trade piu’ importanti di tutti i tempi nella storia della NBA:
porto’ il Diesel nella Capitale della Florida come contropartita di
Lamar
Odom, Caron Butler e Brian Grant.
Shaq fu accolto a Miami come un vero re, gli furono consegnate anche le Chiavi
della Citta’, e da subito nacque uno splendido rapporto di amicizia e
stima fra il Diesel e la stella futura della squadra
Dwyane
Wade. La prima annata di O’Neal in maglia Heat termino' con 22.9 punti,
10.4 rimbalzi e 2.7 assists. Le sue cifre non erano piu’ quelle degli
anni d’oro, pero’, il Diesel rimaneva il centro piu’ devastante
della lega: non esisteva difesa che non usasse degli appositi schemi per marcarlo
perche’, nonostante l’eta’, se veniva lasciato in uno contro
uno, nell’area colorata, risultava sempre immarcabile. Nei playoffs i
suoi numeri subirono un leggero calo verso il basso: 19.4 punti, 7.8 rimbalzi
e 1.9 assists. Attenzione a non sbagliare valutazione perche’ Shaq non
fu mai al 100% delle proprie potenzialita': durante le ultime partite di stagione
regolare si fece male, quindi disputo' il primo turno con i Nets al 50-60%;
poi, nelle semi-finali della Eastern Conference, scese in campo nei primi due
match contro i Wizards ma salto' gli ultimi due. Nelle sette gare contro i Pistons,
finale della Eastern Conference, fu sempre presente ma l’assenza di Wade
nei due match point, gara 6 e 7, fu fatale agli Heat. In estate Riley non mostro'
alcuna riluttanza ad estendere immediatamente il contratto di O'Neal per altri
quattro anni. Da parte sua il Diesel, per non occupare troppo spazio nel salary
cap, non chiese il massimo salariale ma si “accontento’” di
20 milioni di dollari a stagione.
Il 2005/06 fu il primo campionato in cui O'Neal non viaggio’ in doppia
doppia (concluse con 20 punti, 9.2 rimbalzi, 1.9 assists) tuttavia la sua presenza
a Miami continuo’ ad essere fondamentale per ogni schema offensivo. Alcune
difese non mandavano piu'
Gli Heat con l'arrivo di Shaq sono stati in grado di vincere il titolo gia'
nel 2006.
due/tre uomini su di lui e si limitavano a marcarlo
uno contro uno, ma nessuno si e’ mai permesso di trascurarlo e se chi
lo marca non era un giocatore esperto rischiava di non riuscire a contenerlo.
Nei Playoffs si trasformo’ dando fondo a tutta l'energia risparmiata durante
il campionato e mostrando tutta la sua potenza. Specialmente nelle serie contro
Detroit dove i Pistons (finali di conference) non riuscirono mai a limitarlo.
Nelle Finals il suo rendimento calo’ ma la difesa dei Mavs, concentrata
a studiare i suoi movimenti, pago’ dazio a Wade permettendogli di viaggiare
a piu' di 30 punti a partita e di proiettare Miami come Campione NBA. Shaq,
per la prima volta da quando vince una finale, non risulto’ l'MVP dei
playoffs ma comunque sul primo trofeo della franchigia di Miami, il quarto vinto
da O'Neal, l'impronta del Diesel c'e' ed e' molto consistente. Nella post-season
concluse con 18.4 punti, 9.8 rimbalzi, 1.7 assits.
L’anno seguente inizio’ discretametne per il Diesel che, pero’, verso la meta di Novembre dimenticò di indossare una ginocchiera e in campo (contro i Nets) sbatté violentemente il ginocchio contro un avversario. L’infortunio subito non sembrava niente di grave ma il dolore non accennava ad andarsene e quindi si sottopose alla risonanza magnetica. I risultati mostrarono la necessita’ di intervenire con un’operazione chirurgica (fortunatamente di lieve entita’) per un problema di cartilagine nell’arto sinistro. L’intervento avvenne nel migliori dei modi ed i tempi di recupero parlavano di 4/6 settimane di stop piu’ riabilitazione. Il suo rientro era attesto per la fine del 2006 o inizio 2007, tuttavia il Diesel, arrivati nel periodo stabilito, non accennò minimamente a tornare in campo. Nel frattempo Wade, rimasto l’unico giocatore degli Heat ad impegnarsi ogni sera al 100%, si fece male e Coach Riley abbandono’ la panchina per farsi operare all’anca. Miami rimase allo sbando per un mese circa e poi tornarono Flash, Riley e a fine gennaio finalmente anche O’Neal. Con il loro trio motore in “sella” gli Heat vissero il momento piu’ caldo del campionato scalando la Conference e riportando il bilancio al 50% di vittorie sconfitte. Wade torno’ a farsi male ed il Diesel, aiutato dal neo arrivo Jones, riusci’ comunque a mantenere il record oltre il 50% grazie alla sua media di 17.3 punti, 7.4 rimbalzi e 2 assists. Nella post-season il contributo di O’Neal risultò praticamente identico a quello fatto vedere nella corsa al titolo 2006 (18.8 punti, 8.5 rimbalzi, 1.3 assists) ma la disastrosa situazione generale di Miami (Wade, Payton, Haslem e Kapono infortunati o non al 100%; Jones, Walker, Williams, Posey quasi sempre “sotto le righe”) costo’ cara agli Heat che da campioni NBA in carica vennero spazzati via al primo turno dai Bulls con un sorprendete 4-0. Durante l’estate Riley critico’ Shaq senza troppi giri di parole perche’ considerato il suo stipendio (20 milioni di dollari a stagione) si attendeva dal Diesel un contributo maggiore.
Vediamo come ha concluso il 2007/08:
Punti |
Rimbalzi |
Assists |
13.6 |
9.1 |
1.5 |
Nei Playoffs 2008:
Punti |
Rimbalzi |
Assists |
15.2 |
9.2 |
1 |
O’Neal, in seguito alle critiche di Riley, prese parte alla pre-season dove scatto’ il primo campanello di allarme per gli Heat, ancora senza Wade, i quali non riuscirono a vincere nemmeno una partita (0-8). La pre-season non conta nulla ma la dirigenza di Miami decise comunque di acquistare Ricky Davis per Antoine Walker ormai ai ferri corti con Riley e lo spogliatoio in generale La trade non servi’ a nulla perche’, complice una campagna acquisti completamente sbagliata (Parker e Hardaway), Miami fini’ per replicare quanto visto nella pre-season. Il Diesel nel mese di dicembre si fece male all’anca ed abbandono’ la squadra per circa un mese. Quando rientro’ era febbraio e poche ore prima della chiusura del mercato, 21 di Febbraio, con la stagione ormai compromessa per Miami, Shq venne ceduto ai Suns per Shawn Marion e Marcus Banks. A premere il bottone della trade fu Steve Kerr, nuovo GM di Phoenix, il quale decise di cambiare assetto a Phoenix rendendola meno veloce ma piu’ competitiva sotto canestro in previsione dei playoffs 2008.
Shaq con la maglia dei Suns si autoproclama “The Big Cactus” (il grande Cactus) e dopo un periodo di assestamento inizia a produrre le sue solite cifre (ovviamente non quelle dei tempi d’oro di Los Angeles): 13 punti e 10.6 rimbalzi. Con lui in squadra Phoenix riesce a vincere anche una striscia di 7 partite consecutive tuttavia restano molti dubbi sul suo inserimento. Dubbi che trovano conferma nei playoffs dove Phoenix ha incrociato la via degli Spurs rimediando un’eliminazione 4-1 subito al primo turno. Bisogna dire, pero’, che il Diesel il suo contributo la dato (15 punti, 9 rimbalzi e 2 stoppate) ma piuttosto il resto dei Suns (a parte dall’allenatore, passando per Nash e l’infortunio di Hill) e’ sembrato l’ombra di quello visto negli ultimi 3 anni. In estate Kerr sembra deciso a ristruttura la squadra ma O’Neal e il suo maxi contratto (20 milioni di dollari a stagione per ancora 2 anni) difficilmente saranno ceduti.
Terminiamo facendo un elenco di tutti i record ed i premi (di squadra e individuali) vinti fino ad oggi da O'Neal:
- Rookie of The Year 1992-93;
- M.V.P. della stagione 1999-00;
- Vincitore di quattro titoli NBA (2000-2001-2002-2006);
- M.V.P. della Finale 2000;
- M.V.P. della Finale 2001;
- M.V.P. della Finale 2002;
- Convocato per 14 volte al All Star Game (dal 1993 al 2006);
- M.V.P. All Star Game 2000;
- M.V.P. All Star Game 2004;
- 2 volte Capo cannoniere della NBA (1994/95 - 1999/00);
- Inserito nel All Rookie Team del 1992/93;
- Inserito per 13 volte in uno dei tre All Nba Team (dal 1994-95 al 2005/06);
- Inserito per 3 volte in uno dei due All Defensive Team (dal 1999-00 al 2000/01 - 2002/03);
- Membro della Nazionale degli Stati Uniti che vinse l'oro alle Olimpiadi del 1996;
- Inserito dalla NBA nella lista dei 50 giocatori piu' forti di tutti i tempi (Nba @ 50).
Per scoprire la galleria fotografica di Shaq cliccate sul link sottostante. Buona visione!